Oulx - Claviere
Alle volte si pretende di conoscere un argomento solo per averne sentito parlare, leggere il titolo di un libro e pensare di sapere cosa contenga da cima a fondo. L’esempio più calzante degli ultimi anni è quello di tutti i vari post, tweet, immagini sui social che un po’ per pigrizia e forse un po’ per arroganza pretendiamo di conoscere da cima a fondo solo avendoli visti passare sulle schermate dei nostri smartphone. Ed io, purtroppo, non sono immune a tutto questo. Con le stesse dinamiche mi ero convinto di sapere abbastanza sull’argomento migranti per poterne documentare tutte le fasi, tutti i passaggi. Eppure mentre le chiamate, le mail ed i piccoli viaggi inerenti al mio progetto si accumulano mi rendo conto di non saperne veramente nulla, di averne visto solamente la punta dell’iceberg. Basti pensare che solitamente si pensa che chi arriva in Italia poi ci resti, ma la realtà dei fatti è che la maggior parte è solo di passaggio e le destinazioni sono ben altri paesi europei. Questo apre quindi un discorso molto più ampio e complicato: quello dei confini.
Dopo qualche ricerca online, ad esempio, si trovano articoli che parlano di migranti che attraversano le montagne cercando di lasciarsi alle spalle l’Italia in cerca di asilo in Francia. Ed è proprio qui che ho deciso di dedicare questo capitolo del mio progetto.
Leggendo poi qualche notizia a riguardo i numeri di chi passa dalla val di Susa sono alti, circa 80-100 persone al giorno, ed essendoci stato di persona posso confermare che questi numeri sono credibili. Queste notizie però non sembrano mai essere troppo popolari, non ricevono l’importanza che meritano nonostante succeda tutto tra le nostre montagne. Il problema comunicativo credo essere sempre lo stesso: se non ne parli non è mai successo, se non è mai successo nessuno se ne deve assumere la responsabilità.
Ci sono migranti in arrivo da Marocco, Albania, Afghanistan, Costa d’Avorio e via dicendo, chi è arrivato in Italia in barca e chi a piedi attraverso la rotta balcanica, ci sono uomini, donne, ragazzi e bambini. Ci sono tutti. Le poche storie che mi raccontano sono sufficienti per capire la dimensione della cosa: chi a diciassette anni è arrivato in Sicilia, finendo per lavorare come bracciante nei campi, chi arriva in cerca di un futuro migliore, chi dopo aver camminato un mese intero attraverso i Balcani non si è ancora potuto fermare e spera di raggiungere qualche amico o parente in territorio francese sperando che gli ultimi contanti siano sufficienti per sopravvivere ancora qualche mese.