Oulx - Claviere

Alle volte si pretende di conoscere un argomento solo per averne sentito parlare, leggere il titolo di un libro e pensare di sapere cosa contenga da cima a fondo. L’esempio più calzante degli ultimi anni è quello di tutti i vari post, tweet, immagini sui social che un po’ per pigrizia e forse un po’ per arroganza pretendiamo di conoscere da cima a fondo solo avendoli visti passare sulle schermate dei nostri smartphone. Ed io, purtroppo, non sono immune a tutto questo. Con le stesse dinamiche mi ero convinto di sapere abbastanza sull’argomento migranti per poterne documentare tutte le fasi, tutti i passaggi. Eppure mentre le chiamate, le mail ed i piccoli viaggi inerenti al mio progetto si accumulano mi rendo conto di non saperne veramente nulla, di averne visto solamente la punta dell’iceberg. Basti pensare che solitamente si pensa che chi arriva in Italia poi ci resti, ma la realtà dei fatti è che la maggior parte è solo di passaggio e le destinazioni sono ben altri paesi europei. Questo apre quindi un discorso molto più ampio e complicato: quello dei confini.
Dopo qualche ricerca online, ad esempio, si trovano articoli che parlano di migranti che attraversano le montagne cercando di lasciarsi alle spalle l’Italia in cerca di asilo in Francia. Ed è proprio qui che ho deciso di dedicare questo capitolo del mio progetto.

Spesso si parla di Ventimiglia, da anni terreno di conflitti e dibattiti per via dei tantissimi che provano a raggiungere il territorio francese nonostante i respingimenti della Gendarmenrie, ma proprio come gli sbarchi non avvengono solo a Lampedusa, chi attraversa questo confine non lo fa solo a Ventimiglia. Molti di coloro che decido di provare questa traversata infatti scelgono i sentieri delle Alpi occidentali ed è proprio qui che sono nati diversi punti di riferimento. Uno di questi è il “Rifugio Fraternità Massi” situato ad Oulx, un piccolissimo paese tra le montagne torinesi. Si tratta di un centro di accoglienza destinato ai migranti di passaggio in alta Valle di Susa, o meglio, un punto d’appoggio per tutti coloro che vogliono provare ad attraversare il confine italo-francese.

Per tutto quello che riguarda la struttura di Oulx non credo sia necessario dilungarsi troppo, ma per chi fosse interessato si possono trovare tutte le informazioni sul loro sito internet: https://www.talitaonlus.it/rifugio-fraternitagrave-massi.html

Decidere di andare a documentarlo è stato quasi immediato, ma non è stato affatto facile fotografare questo confine. Come sempre le cose accadono in fretta ed il tempo che ho avuto a disposizione è stato a malapena sufficiente per potermi ambientare e capire come funzionano le cose.

Quello a cui non riesco a smettere di pensare però è come, specialmente nel nostro paese, si parli spesso di morti in mare e quasi unicamente dell’isola di Lampedusa. Probabilmente perché sono luoghi lontani o perché se una persona muore in mare tutto sommato nessuno lo vedrà e nessuno se ne dovrà mai assumere veramente la responsabilità. Ma qui è diverso: succede tutto sul nostro territorio davanti agli occhi di tutti.
Solo tra gennaio e febbraio 2022 infatti due migranti, uno dei quali minorenne, sono morti tra la neve ed il freddo lungo questa tratta nel tentativo di oltrepassare il confine a piedi (qui un articolo che ne parla: https://luce.lanazione.it/attualita/inferno-tra-italia-e-francia-dove-i-migranti-vengono-respinti-e-muoiono-per-il-freddo/ ).

Leggendo poi qualche notizia a riguardo i numeri di chi passa dalla val di Susa sono alti, circa 80-100 persone al giorno, ed essendoci stato di persona posso confermare che questi numeri sono credibili. Queste notizie però non sembrano mai essere troppo popolari, non ricevono l’importanza che meritano nonostante succeda tutto tra le nostre montagne. Il problema comunicativo credo essere sempre lo stesso: se non ne parli non è mai successo, se non è mai successo nessuno se ne deve assumere la responsabilità.

Al mio arrivo al rifugio vengo accolto dagli operatori che mi mostrano la struttura e mi spiegano come si svolge l’accoglienza. La cosa che più attira la mia attenzione però è che questo non è l’unico punto di riferimento per i migranti: su tutto il territorio infatti si sono sviluppare altre realtà di accoglienza. 

Per quanto questo rifugio sia ufficialmente riconosciuto a livello nazionale infatti non è sufficiente per far fronte all’emergenza, questo ha portato alla nascita a pari passo di diverse realtà, per la maggior parte gestite da diversi centri sociali e movimenti anarchici, che per quanto rappresentino un problema legislativo per via dell’occupazione abusiva di immobili disabitati, sono strutture fondamentali per l’assistenza ai migranti. Per il momento non ho ancora potuto visitare questi luoghi, non potendo di conseguenza farmi un’opinione reale a riguardo. Ho deciso però di affidarmi alle parole degli operatori del rifugio di Oulx che mi hanno detto “abbiamo avuto da ribadire con alcuni di loro, ma danno una grossa mano”.

Finito il giro all’interno provo a conoscere i ragazzi che oggi si fermeranno qui. Un consiglio che mi era stato dato al mio primo sbarco in Calabria è quello di avere sempre delle sigarette da offrire ai migranti, molti dei quali fumatori, da usare come “merce di scambio” per qualche foto o semplicemente come scusa per fare due parole. Posso garantire che funziona, ma credo di poter affermare che anche un sorriso ed una buona dose di curiosità siano ugualmente ricambiati. Scambio così due chiacchiere con alcuni ragazzi, alcuni appena arrivati ed alcuni in partenza per il confine. Le storie sono diverse, così come le origini: se infatti le rotte migratorie cambiano completamente tra quelle in arrivo sulle coste siciliane, quelle calabresi o chi transita da Trieste, per esempio, questo confine le riunisce tutte.

Ci sono migranti in arrivo da Marocco, Albania, Afghanistan, Costa d’Avorio e via dicendo, chi è arrivato in Italia in barca e chi a piedi attraverso la rotta balcanica, ci sono uomini, donne, ragazzi e bambini. Ci sono tutti. Le poche storie che mi raccontano sono sufficienti per capire la dimensione della cosa: chi a diciassette anni è arrivato in Sicilia, finendo per lavorare come bracciante nei campi, chi arriva in cerca di un futuro migliore, chi dopo aver camminato un mese intero attraverso i Balcani non si è ancora potuto fermare e spera di raggiungere qualche amico o parente in territorio francese sperando che gli ultimi contanti siano sufficienti per sopravvivere ancora qualche mese.

Le chiacchiere però finiscono e per alcuni è ora di andare, Oulx è solo una tappa. Per arrivare dall’altra parte bisogna prima spostarsi a Claviere, un piccolissimo comune italiano da dove iniziano i vari sentieri che in qualche modo portano a Briançon, dove chi non verrà fermato potrà ufficialmente chiedere asilo alla Francia.

Si, perché se nessuno ti ferma allora puoi chiedere asilo e stare nel Paese, se invece la polizia francese “ti becca”, vieni fermato, identificato e riportato in Italia (libero di riprovare il passaggio nei giorni successivi, tra le altre cose).
Il mio piano originale era quello di seguire per un breve tratto alcuni di loro durante il cammino, e l’ultimo giorno questa cosa sembrava anche possibile, rimanendo sempre ben consapevole dei miei limiti: il rischio è infatti quello di essere accusati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, con conseguente arresto, ragion per cui avevo deciso che non mi sarei mai spinto troppo oltre il confine.

Un paio di ragazzi afghani avevano accettato il mio invito ad essere fotografati e per me sarebbe stata l’occasione perfetta per poter documentare come si deve questa odissea. Per capire le cose a fondo bisogna viverle. Una volta arrivati a Claviere, però, sono stato fermato per un normale controllo di frontiera da parte, fortunatamente, della polizia italiana. Nessun problema per me, è stato un caso, ma da quel controllo mi è stato poi impossibile proseguire.

Documentare un confine è estremamente difficile e lo sto imparando di volta in volta. La parte fondamentale però è non dimenticarsi mai di queste realtà, perché anche se non se ne parlasse queste continuerebbero ad esistere e rappresentare un problema umanitario.
Affrontarle, invece, è l’unico modo per trovare una soluzione che soddisfi i bisogni di tutti.

 
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Roccella Jonica - seconda parte