Roccella Jonica

L’Ionio non è mare nostro: spaventa. Appena partito da Reggio – città estremamente drammatica e originale, di una angosciosa povertà, dove sui camion che passano per le lunghe vie parallele al mare si vedono scritte “Dio aiutaci”- mi stupiva la dolcezza, la mitezza, il nitore dei paesi, della costa. Così circa fino a Porto Salvo. Poi si entra in un mondo che non è più riconoscibile.
— Pier Paolo Pasolini, "La lunga strada di sabbia", 1959

Sono arrivato in Calabria durante un’insolita domenica di pioggia dopo essere riuscito, grazie ad una buona dose di fortuna, dei giusti contatti ed una buona dose d’insistenza, ad ottenere il permesso di fotografare gli sbarchi dei migranti in arrivo al Porto delle Grazie, a Roccella Jonica.
Delle poche persone alle quali ho accennato il mio viaggio, nessuno era a conoscenza di questa piccola realtà, e non fosse stato per l’articolo di un giornale locale trovato dopo una specifica ricerca su Google, ad ora anche io ne ignorerei l’esistenza.

Roccella infatti non ha un Hotspot (come Lampedusa per esempio) e di conseguenza non viene riconosciuta “ufficialmente” come un luogo di accoglienza, ma viene invece sfruttata come punto di sbarco e primo soccorso, approfittando, si fa per dire, della disponibilità delle navi della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza.
Maggio è appena iniziato e la stagione degli sbarchi quest’anno sembra non essersi mai veramente fermata. Durante la mia permanenza ho assistito a cinque arrivi per un totale di circa 330 migranti: uomini, donne e bambini, tanti bambini.
Le dinamiche sono diverse rispetto a quelle che siamo abituati a sentire: chi arriva qui parte dalla Turchia, a bordo di imbarcazioni più sicure che permettono, ad esempio, di sostenere un viaggio di 6 giorni in mare aperto.

La distanza è maggiore rispetto a chi arriva dalla Libia, ma almeno ad aspettare i migranti in Turchia non ci sono prigioni e torture. Per darle una definizione mi viene detto che questa è una rotta privilegiata.

I migranti sono principalmente afgani, iraniani, pakistani, alcuni addirittura bengalesi, rotte migratorie completamente diverse rispetto a quelle in arrivo dalla Libia.
Durante gli sbarchi ai quali  ho partecipato, ho cercato di parlare con più persone possibile, tanti mi chiedono di essere fotografati, si mettono in posa, mi chiedono chi sono.
Per la maggior parte si tratta di persone che da un giorno all’altro e per i motivi più disparati, si sono trovate ad abbandonare casa ed incamminarsi verso l’Europa.
Chi è più fortunato raggiunge un parente o un amico, altri invece arrivano semplicemente perché non hanno avuto altra scelta.

Ma prima di raccontare le loro storie (nel prossimo articolo), vorrei cercare di ragionare in maniera più generale sulla “situazione migranti”.

Semplificando, si possono dividere i motivi che portano i migranti in Europa in due categorie principali: motivi economici e motivi politici.  

I primi verranno con molta probabilità rimpatriati, poiché, se non si è partiti da una zona di guerra o arrivi da una parte di mondo dove si rischia di essere uccisi per il proprio orientamento sessuale o per motivi religiosi, ma si arriva illegalmente in cerca di lavoro senza documenti o un visto valido, allora la legge prevede il rimpatrio.
Mentre per i secondi, una volta accertato lo stato di “rifugiato politico”, sarà necessario trovare collocazione in uno dei vari centri di accoglienza in Italia o in Europa.
Ecco, diciamo che questo potrebbe essere un riassunto per comprendere meglio le dinamiche di come funzionano gli sbarchi e l’accoglienza. I processi interi sono molto più complicati e io non credo di avere le basi necessarie per entrare in questioni più politico-legislative, ma quello che mi viene detto più volte e credo sia importante condividere è che il personale scarseggia costantemente ed il numero crescente di migranti non fa altro che allungare i tempi.

Credo che per abitudine si dia più importanza, e se non esclusivamente, alle storie che ci riguardano da vicino tendendo a dimenticare che ci sono realtà molto vicine alla nostra che mancano di considerazione e che meriterebbero più visibilità in previsione di un cambiamento.

Solo a Roccella Jonica nel 2021 gli sbarchi sono stati cinque volte superiori rispetto all’anno precedente, il 2022 non sembra essere da meno, la disponibilità di risorse è limitata e andrà sempre peggiorando.
Paragonando una realtà così piccola rispetto al resto d’Italia e dell’Europa in generale, si possono solo immaginare le conseguenze che questa mancata attenzione può comportare, la questione dei migranti non può non essere degna dell’attenzione di tutti.

I problemi economici si possono risolvere, le crisi umanitarie si devono risolvere.

In conclusione, il fatto che i migranti sbarchino in Italia e che delle persone siano costrette a lasciare il proprio paese di provenienza, può piacere o non piacere, si può essere d’accordo, contro o persino indifferenti a riguardo,  ma rimane il fatto che sia fondamentale capire che qualsiasi sia la nostra posizione gli sbarchi continueranno perché il problema non è lo sbarco in Italia, bensì la situazione di disagio che porta degli individui a migrare.
Le persone migrano da sempre, e sempre lo faranno, in un modo o nell’altro.

Mi permetto di fare un paragone.

Prendiamo d’esempio la pandemia: è arrivata all’improvviso, non eravamo pronti ed è stato un disastro.
Una volta trovato il vaccino, però, abbiamo iniziato a tenere sotto controllo la situazione, migliorando giorno dopo giorno.
Ora pensiamo ai flussi migratori in Italia, personalmente l’unica differenza che trovo è la tempistica: ci sono voluti decenni prima che i numeri diventassero importanti come lo sono oggi, abbiamo avuto tutto il tempo per poter trovare soluzioni umanitarie valide, ma così non è stato. Non eravamo pronti nel 1991 quando ci fu il primo sbarco a Lampedusa e non lo siamo ancora oggi nel 2022 quando durante una domenica qualsiasi di maggio, in Calabria, la Capitaneria di Porto soccorre in mare più di 200 persone senza disporre di un luogo adeguato dove poterle assistere.
Ecco se per un pandemia in due anni abbiamo trovato un vaccino efficace, voglio credere che 30 anni di sbarchi siano sufficienti per trovare le soluzioni adatte. Sarebbe ora di mettere da parte la propaganda politica e iniziare a pensare a delle soluzioni a livello europeo, complicate si, ma necessarie oggi più che mai.

Un grazie speciale a Luca Daniele ( https://www.instagram.com/lucdaniele/ ) che fotografa la Calabria da più di vent’anni.

 
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